È il frutto di un'esperienza collettiva, di un percorso educativo teso a valorizzare i concetti di accoglienza e diversità.
Si tratta di una raccolta di brevi racconti tratti da interviste fatte ad alcuni dei nostri alunni immigrati, che ripercorrono il loro vissuto attraverso scorci dei luoghi d'origine, dei legami familiari, delle proprie culture e tradizioni, dei viaggi e dei disagi che li hanno condotti fino a noi. Anime palpitanti che rendono unico ogni racconto dietro cui c'è la persona, non un fenomeno o un problema da affrontare. Le interviste hanno permesso un contatto, una predisposizione all'ascolto dell'altro, una conoscenza diretta, una condivisione di emozioni che hanno portato alla costruzione di un legame, perché in definitiva, riprendendo il “Piccolo Principe”, “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
Kutambulula è nato con l'intento di rendere visibile l'invisibile, di recuperare una visione del mondo dove il tempo, l'attesa, la pazienza hanno la loro importanza.
Noi “sdraiati”, emotivamente poveri, ricominciamo a desiderare recuperando il significato profondo anche delle parole; dove “desiderare è stare sotto le stelle (de – sidera) e attendere”, ed esprime la tensione tipica dell'uomo che lo porta a confrontarsi con il senso dell’immenso. Perciò diventa importante il recupero di una dimensione dimenticata: “recuperare il piacere di sostare, di riscoprire gli odori, dare rilievo alle sensazioni, valorizzare le emozioni, recuperare il tempo dell'ascoltare e dell'ascoltarsi”.
Kutambulula è un verbo delle lingue Bantu che traduciamo con accogliere ma il significato profondo che racchiude è nel senso di una responsabilità collettiva che il nostro verbo non contiene: chi ospita e accoglie deve fare bella figura perché in quel momento rappresenta l'intera comunità a cui appartiene, che nella cultura africana ingloba anche gli antenati e gli spiriti dell'aldilà. Non si sfugge a una tale responsabilità perché si estende dal terreno all'ultraterreno.
Kutambulula è il suono del tamburo che ci sveglia per ricordarci che siamo vivi e abbiamo delle memorie e dei valori da trasmettere attraverso il racconto; il tamburo che ci tira giù dalle poltrone e ci porta a danzare.
Gruppo Kutambulula
IPSEOA Castrovillari